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Il 19 novembre 2010 le reliquie dei co-patroni della nostra diocesi, i santi Crisanto e Daria, sono state esposte alla venerazione dei fedeli nella cornice della Cattedrale e della cripta restaurate e splendenti di storia e di fede.

Nel corso dei secoli si ha notizia solo di altre due occasioni in cui esse furono portate in processione a Reggio Emilia: il 30 novembre 1522, ultima volta in cui le ossa furono esaminate, e il 1° dicembre 1651.

Chi sono questi due santi?

La narrazione del loro martirio, pur non supportata da prove storiche, è di commovente ed immediata comprensione, perché dà il senso della diffusione del cristianesimo nel mondo pagano.

Crisanto è un giovane studente di filosofia, nella Roma imperiale del 3° secolo; incontra un prete tosto che lo istruisce nella religione cristiana e lo battezza.

Crisanto è un giovane coraggioso e fervente, ma il padre non si rassegna ad avere un figlio convertito; per dissuaderlo le pensa un po' tutte e infine ci prova con la giovane ed avvenente Daria, che è una vestale, una specie di colta sacerdotessa pagana. La manda dal figlio per sedurlo e riportarlo al culto degli dei.

Se non che, avvicinatasi a Crisanto, lei stessa si converte al cristianesimo. I due si sposano (pur rimanendo in stato di castità) e fanno opera di conversione di molti pagani. Il prefetto lo viene a sapere, li fa arrestare e li consegna alla guarnigione del tribuno Claudio: e qui succede che i due giovani convertono il tribuno, la sua famiglia ed i soldati della guarnigione.

Intervenne allora l’imperatore in persona facendoli uccidere tutti, a cominciare dal tribuno; Crisanto e Daria furono sepolti vivi a lato della via Salaria.

La tradizione vuole che le loro reliquie fossero portate in Laterano, successivamente trasferite in Germania al tempo degli imperatori carolingi, per poi ritornare in Italia, a Pavia – allora capitale del regno italico – e da qui cedute a Reggio Emilia dal re Berengario, nell’anno 947.

Fa specie pensare che la precedente ostensione delle reliquie risale al 1615. Dunque vederle e venerarle fa comprendere ancor di più quanto siamo debitori ai santi martiri per la propagazione della Fede nella quale siamo nati. La storia di Crisanto e Daria, due giovani della Roma antica ed oggi nostri patroni, ci tocca per la sua intrinseca bellezza e per la forza comunicativa del loro martirio. Non meno oggi che allora.

Nuove indagini sui resti dei santi

Nell’ambito dei restauri della chiesa madre, il vescovo Caprioli ha disposto una nuova ricognizione canonica e scientifica dei resti dei Santi Crisanto e Daria.

“Ogni indagine – ha precisato il professor Ezio Fulcheri, direttore del Comitato scientifico - è stata condotta ‘a cieco’ e senza che i singoli laboratori venissero a conoscenza delle preliminari indagini degli altri. Ogni campione è stato affiancato da campioni di controllo, senza che questi fossero noti ai ricercatori. La ricerca è stata infatti condotta con il metodo delle tappe progressive, proprio delle indagini forensi, così che ogni lavoro fosse nel contempo autonomo e in grado di verificare trasversalmente i risultati di altre analisi”.

Scienza e tradizione: i dati non si contraddicono

Ebbene, ha spiegato il docente, tutte le osservazioni effettuate durante la ricognizione scientifica non hanno evidenziato elementi di contrasto o contraddittori tra di essi o con quanto la storia ha tramandato relativamente ai due santi martiri.

Per la precisione, “i risultati della datazione calibrata fanno risalire le ossa attribuite a San Crisanto ad un periodo compreso tra l’80 e il 340 d.C, e le ossa attribuite a Santa Daria ad un periodo compreso tra l’80 e il 330 d.C. I risultati della datazione non calibrata indicano un data approssimativa per Crisanto che si attesta a 1807±40 BP e per Daria a 1821±35 BP. Entrambi i risultati confermano l’antichità delle reliquie, collocandole in finestra temporale perfettamente coincidente con la data del martirio (283 d.C)”, ha riferito ancora Fulcheri.

L’analisi antropologica – ha annotato lo stesso Fulcheri - ha appurato la presenza di due individui, escludendo la presenza di ossa estranee.

Studiando il Dna l’Università di Firenze ha verificato che si tratta di un individuo maschile di circa 17-18 anni di età, alto circa 166 cm e di un individuo femminile di circa 20-25 anni di età, alta circa 160 cm.

Dna, analisi metriche e radiologiche

La determinazione del sesso è stata confermata anche dall’analisi del Dna condotta su alcuni campioni di ossa dello scheletro post-craniale e sui denti. Entrambi gli individui avevano una corporatura esile e non è stata rilevata la presenza sulle ossa di tracce di stress biomeccanico tali da indicare attività fisiche o lavorative particolarmente intense. Il quadro generale, pertanto, potrebbe confermare per i due individui uno stile di vita agiato. Le analisi metriche a livello dei crani hanno confermato una morfologia tipica della zona mediterranea.

Dall’esame di entrambi gli scheletri non sono emerse informazioni significative in grado di confermare la causa di morte; sono state, tuttavia, escluse cause di morte violenta con politraumatismi, diretti o indiretti, dello scheletro.

L’indagine radiologica condotta sulle ossa sia con metodiche tradizionali che mediante Tac ha fornito alcune prove ben documentate di markers osteologici riconducibili a patologie acquisite dello scheletro. In particolare, nel soggetto femminile, numerose linee radiopache trasversali sono state osservate lungo la diafisi di entrambe le tibie (linee di Harris) e sono riconducibili ad episodi morbosi gravi, come malattie infettive o periodi di malnutrizione, affrontati e superati durante le fasi dell’accrescimento.

Analisi degli ambienti

Analisi supplementari chimiche, mineralogiche e palinologiche (pollini) sui terreni adesi alle A ossa e sui terreni prelevati nella cripta del Duomo di Reggio e dalle catacombe di Trasone a Roma hanno consentito di appurare che: 1) i corpi sono stati recuperati dal luogo del martirio in un momento molto vicino alla morte, prima che avvenisse la scheletrizzazione. Poiché la tipologia del sedimento rinvenuto sulle ossa non è congrua con quella del suolo delle catacombe di Trasone, si presuppone che i corpi non siano stati deposti a contatto con il terreno, ma presumibilmente in un sarcofago (tipologia di sepoltura riservata a personaggi illustri).

Il sedimento a contatto con le ossa presenta, invece, forte eterogeneità, a testimonianza di probabili contaminazioni avvenute nelle aree dove le ossa hanno transitato prima di pervenire a Reggio; 2) vi sono tracce di pollini antichi riferibili all’area reggiana, consoni con i momenti in cui le ossa sono state esposte nell’ultima ricognizione del 1522; 3) non vi sono invece tracce di pollini dell’area romana ed il dato concorda con il profilo del terreno prelevato dalle catacombe, sede della primitiva sepoltura, ove analogamente non sono state dimostrate tracce di pollini.

Il progetto della National Geographic Society

La ricostruzione facciale, attraverso la realizzazione di modelli tridimensionali, ha persino permesso di delineare la probabile fisionomia dei volti. La “personificazione” dei martiri Crisanto e Daria resta un dato importante anche per la fede. “Fin dalle origini – ha osservato in Sala Tricolore monsignor Tiziano Ghirelli, direttore dell’Ufficio diocesano per i Beni culturali - la comunità cristiana ha conservato e circondato di venerazione i resti mortali dei propri membri, spesso uccisi a causa della fede. Ecco la ragione delle catacombe, che non saranno più definite necropoli, cioè città dei morti, ma cimiteri, ossia dormitori”.

L’assessore ai Progetti speciali del Comune di Reggio Emilia, Mimmo Spadoni, ha evidenziato come il finanziamento accordato al progetto di ricerca dalla National Geographic Society sia “un riconoscimento a questa città, la cui storia si lega frequentemente a significativi eventi che hanno segnato nei secoli l’identità nazionale”.






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